Anno discograficamente molto strano, questo 2021 in cui il numero di new sensations del post-punk inglese (classico termine-ombrello che vuol dire tutto e niente) è stato inferiore solamente alle varianti covid. Al momento di stilare la consueta classifica di fine anno mi sono reso conto di aver sentito una quantità impressionante di dischi, 175 al 20/12/2021, vale a dire 62 in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (che pure era stato un anno ricco di scoperte). Ho usato, non casualmente, il verbo sentire, perché una buona fetta di questi 175 (a occhio e croce almeno una ventina, se non una trentina) sono passati per le mie orecchie solo un paio di volte, ricacciati indietro dagli impegni montanti di tutti i giorni, dal tempo libero che sempre più sembra mancare (e che ha limitato severamente la concreta attività del blog) e spesso rimandati ad un momento più propizio (arrivato in ritardo, o addirittura mai arrivato). Sarà anche effetto dei lockdown intermittenti che da ormai due anni scandiscono i ritmi della nostra quotidianità, ma sta diventando obiettivamente sempre più difficile districarsi in questo impenetrabile marasma di nuove uscite, riedizioni e ristampe che si accavallano l’una sull’altra, aumentando a dismisura il rumore di fondo e quasi impedendo al povero ascoltatore di trovare la giusta concentrazione per concentrarsi su ciascuna di esse. Troppi schemi concomitanti, o forse assenza di qualsiasi schema: beato chi ci capisce qualcosa…
Poiché di buona musica quest’anno ne è uscita molta, ma lo spazio per segnalarla si riduce sempre più, ho deciso di aggiungere dieci posizioni alla mia consueta top 20 di fine anno. Inoltre, per regalare qualche scampolo di visibilità supplementare a dei dischi che possono essere sfuggiti ai radar di più di qualcuno, ho deciso di affiancare alla classifica “regolare” una breve lista di cinque menzioni speciali: cinque dischi che non sono entrati nella top 30 per un pelo o che, pur catturando la mia attenzione, non sono riuscito ad ascoltare con la dovuta attenzione (e che pertanto sarebbe stato affrettato includere nella lista dei migliori 30). Allo stesso modo, ho segnalato anche tre dischi che, in modo e per motivi diversi, hanno deluso le mie aspettative: stroncare non piace a nessuno, ma in mezzo ad uno sconfinato oceano di informazioni ogni tanto può essere necessario. Per menzioni speciali e stroncature ho aggiunto una breve motivazione che cerca di riassumere il senso del mio giudizio.
[Qui potete trovare le mie precedenti classifiche dei migliori venti dischi del 2017, 2018, 2019 e 2020: per le top 10 di annate precedenti al 2017 potete consultare i vecchi archivi di Storiadellamusica.it (nell’ordine: 2007, 2008, 2009, 2010, 2011, 2012, 2013, 2014 e 2015)]
Cominciamo!
• Le cinque menzioni speciali (in ordine sparso):
a) Límbico – Límbico (Not On Label, fusion, 35:56)

b) LUMP – Animal (Chrysalis / Partisan, art pop, 44:24)

c) Blak Saagan – Se Ci Fosse La Luce Sarebbe Bellissimo (Maple Death, Italian Occult Psychedelia, 74:48)

d) BLACKSHAPE – BLACKSHAPE (Not On Label, post metal, 44:22)

e) Grey Aura – Zwart Vierkant (Onism / Kunstlicht, avant metal, 43:02)

• I tre dischi che, per motivi differenti fra loro, più mi hanno deluso (sempre in ordine sparso):
a) Genghis Tron – Dream Weapon (Relapse / Daymare, kosmische-core, 45:35)

b) Naia Izumi – A Residency In The Los Angeles Area (Masterworks, math-soul, 48:00)

c) Stöner – Stoners Rule (Heavy Psych / Northern Haze, stoner, 42:46)

• E ora la classifica vera e propria, in ordine decrescente, dalla posizione numero 30 in poi:
30) Really From – Really From (Topshelf, math-emo, 34:22)

29) Bell Orchestre – House Music (Erased Tapes, chamber post rock, 43:43)

28) Pino Palladino and Blake Mills – Notes With Attachments (Impulse! / New Deal, jazz, 31:22)

27) Vanishing Twin – Ookii Gekkou (Fire, psych-pop, 41:01)

26) Jack O’ The Clock – Leaving California (Cuneiform, prog-folk, 45:19)

25) Motorpsycho – Kingdom Of Oblivion (Stickman / Rune Grammofon, hard-prog, 70:18)

24) Brandee Younger – Somewhere Different (Impulse!, jazz, 43:35)

23) BLK JKS – Abantu / Before Humans (Glitterbeat / We Are Busy Bodies, ethno-rock, 45:44)

22) Vatican City Fight Club – Vatican City Fight Club (Not On Label, jazz rock, 37:51)

21) Papangu – Holoceno (Repose, avant metal, 44:09)

20) Sons Of Kemet – Black To The Future (Impulse!, jazz-hop, 51:09)

19) Serena Altavilla – Morsa (Black Candy, pop, 30:41)

18) Alfa Mist – Bring Backs (Anti-, jazz-hop, 39:39)

17) Marc Ribot’s Ceramic Dog – Hope (Yellowbird / Northern Spy, avant rock, 61:42)

16) Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp – We’re OK. But We’re Lost Anyway (Bongo Joe, jazz rock, 36:43)

15) Hedvig Mollestad – Tempest Revisited (Rune Grammofon, hard-prog, 40:54)

14) Jeff Parker – Forfolks (International Anthem / Nonesuch, impro jazz, 40:22)

13) Marco Rauchbombe Cesarini & Uqbar Orchestra – Transumanza (Black Marmalade, jazz rock, 27:18)

12) IOSONOUNCANE – IRA (Numero Uno / Trovarobato / Sony, avant rock, 109:07)

11) Fusione – Fusione (Black Sweat, free jazz, 39:28)

10) Gyan Riley – Silver Lining (Tzadik, fingerpicking, 45:19)

9) Irreversible Entanglements – Open The Gates (International Anthem / Don Giovanni, free jazz, 73:44)

8) Makaya McCraven – Deciphering The Message (Blue Note, jazz-hop, 42:22)

7) Fire! – Defeat (Rune Grammofon, free jazz, 36:15)

6) Squid – Bright Green Field (Warp, avant rock, 52:51)

5) Sven Wunder – Natura Morta (Piano Piano / Mr Bongo, library, 32:41)

4) Julian Lage – Squint (Blue Note, jazz, 45:37)

3) Black Country, New Road – For The First Time (Ninja Tune / Beat, avant rock, 40:46)

2) Jü – III (RareNoise, avant jazz rock, 43:11)

1) black midi – Cavalcade (Rough Trade, avant rock, 42:32)
